giovedì 4 novembre 2010

Tempo di opinioni, di libertà e di snobismo equino

Come persone appartenenti ad un’unica razza, quella umana, abbiamo elaborato una serie di definizioni dell’idea di libertà e del diritto di opinione.
Cos’è l’opinione? Sempre più spesso l’opinione viene identificata con il “sentire”, e sempre più spesso questo sentire viene definito qualcosa che può nascere dalla pancia, dallo stomaco o, più in generale, dalle emozioni.
“Mi piace perché mi emoziona” è un assunto che i nostri media (stra-old, old, new o stra-new) si sono affrettati diligentemente ad omologare.
Ma un’umanità o un popolo che sente non è necessariamente un popolo che pensa.
L’opinione è, o dovrebbe essere (lasciamo perdere le definizioni da dizionario per favore)  pensiero critico: ossia pensiero frutto di un intelletto che studia, analizza, confronta ed elabora, finalmente, una propria opinione.
Spesso assistiamo invece al verificare della credibilità di un’opinione in base alla crescita di consenso in suo favore.
La maggioranza sente-crede in un certo modo, dunque quel sentire-credere è accreditabile e condivisibile.
Io penso, invece, che questa sia una china pericolosa.
Penso che sia una forma di deriva apparentemente democratica, non necessariamente di democrazia.
Il furor di popolo non è giustizia né democrazia. 
La democrazia è crescita e non sentire di pancia-stomaco, la democrazia non è omologazione.
Conciliare tutto questo con diritto di ciascuno di esprimere libere opinioni è possibile: ma passa attraverso una faticosa e libera costruzione di una personale cultura critica alla quale la scuola dovrebbe educare, e non di rado lo fa.
Attenzione: criticare la scuola per fare di tutti gli insegnanti un fascio di retrivi fannulloni retrogradi impigriti dalla routine è soltanto snobismo equino.
Chiudo con questa definizione nata da una vivace-divertente e appassionante chiacchierata con una amica. Lo SNOBISMO EQUINO è, secondo noi, l’apparenza sussiegosa di chi frequenta bene (o benino) ma è equus e non eques ossia è cavalcato ma non cavalca né saprebbe farlo.
Lo snobismo equino si ammanta di evoluzioni, impennate, a volte si piega a percorsi di addestramento, a buffe circonlocuzioni da circo, ma non corre da solo: si slancia verso cariche, spesso discutibili a volte disastrose, perché sospinto da frustini e pungoli che possono essere di vario genere. 
Tra questi il genere Ambizione, Vanità, Esibizionismo, Narcisismo. 
Non a caso ci si interroga, in sedi delegate, sulla reale portata dell’intelligenza equina.
Cui prodest, dunque,  esercitare lo snobismo equino? A volte a nessuno e a nulla, perché è sterile; altre volte giova a chi usa galoppini galoppanti per i propri scopi.

Facciamo, invece, rinascere, ogni volta che sia possibile, un tempo di opinioni e di libertà vere, faticosamente raggiunte senza frustare né essere frustati da nulla e nessuno.

14 commenti:

  1. Una volta c’era il dandy, eccentrico narciso, pensatore raffinato, seduttore enigmatico, ai margini per scelta…il dandy e il suo inimitabile stile, icona dell’apparire per apparire… ironico spettatore dei vizi privati e delle pubbliche virtù…
    Poi arrivò lo snob, non eccentrico, non raffinato, non enigmatico, icona della società di massa, arrivista… dispensatore di disprezzo ipocrita per la società e l’ambiente di provenienza…
    In questa “società individualistica di massa” lo snob si sente e pretende di essere considerato unico ed inimitabile …. è pieno di volontà di potenza ma inesorabilmente uguale a tutti gli altri…
    Le cariche di cavalleria sono il suo forte… come ben sa il cavallo di Napoleone….

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  2. Il sentire con la pancia signfica non soffermarsi a pensare, non ragionare, essere attratti subito da un'idea senza operare una selezione. Gli uomini sono portati a non guardare oggettivamente il mondo,perchè non abituati a scavare nel profondo ma solo a fermarsi alle apparenze.
    Gli uomini spesso criticano la società e sono convinti di poter fare meglio degli altri.
    Questo atteggiamento impedisce loro di andare oltre la propria idea di pancia e di capire quali mezzi serviranno per rendere concrete le idee e le parole.
    (Clarissa Frey)

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  3. E' vero Clarissa, hai proprio ragione!
    Pensavo anche, divagando divagando, all'ambiguità della parola "carica" che ho usato in senso classico-cavalleresco, o per dir meglio equino, nella frase " Lo snobismo equino ... si slancia verso cariche, spesso discutibili a volte disastrose, perché sospinto da frustini e pungoli che possono essere di vario genere."
    Carica: ossia attacco violento, sciabola in pugno, contro dei nemici attaccati dalla cavalleria...
    Carica: ossia incarico prestigioso e importante, spesso politico
    Carica: Ossia comando del tipo "Caricate, puntate fuoco!!" (una fucilazione o un atto guerresco)
    Insomma, forse preferibile evitare.
    Mio nonno caricava la pipa, meglio no?

    PS: e per voi?

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  4. Come si forma un'opinione? Facciamo un esempio.
    Spesso e volentieri noi ragazzi pensiamo che chi sta in televisione sappia più di noi. Nei programmi televisivi c'è sempre un opinionista. Se un opinionista parla bene di un allenatore x o di un calciatore y tendiamo a prendere come buona quell'opinione.
    A pensarci bene,però, ci chiediamo in quanti siamo a pensarla allo stesso modo dell'opinionista. Probabilmente parecchi milioni.
    Abbiamo scoperto l'omologazione! Ma come facciamo a sapere dove sta il pensiero diverso?
    (il pesce palla e il centrocampista)

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  5. @Mariaserena
    C'è anche un altro significato di carica.
    La carica è l'incoraggiamento di una persona che crede in noi e pensa che possiamo fare sempre meglio.
    Tu affermi:
    "Conciliare tutto questo con diritto di ciascuno di esprimere libere opinioni è possibile: ma passa attraverso una faticosa e libera costruzione di una personale cultura critica alla quale la scuola dovrebbe educare, e non di rado lo fa."

    Un insegnante che dà la carica è un insegnante che stimola gli alunni a costruire una personale cultura critica.
    Per noi la cultura critica è il pensare con la nostra testa e saper dire più no che sì.
    Questo blog che ci dà voce è un modo per educarci alla cultura critica.
    (Il difensore e l'attaccante)

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  6. Abbiamo scoperto la massa nel vestire e nel pensare ... e questo ci piace molto..
    Leggendo il post e i commenti abbiamo scoperto però che il pensiero non è uguale per tutti...
    Il nosto cervello però è più abituato ad omologarsi più che a pensare diversamente.
    Accade che se una persona, anche la meno consigliabile, fa una affermazione , riesce a convincere tutti, e noi "tutti" lì ad andarle dietro..
    Certe volte capita addirittura di passare da un pensiero all'altro,da un'opinione all'altra.
    Se questo capita significa che non abbiamo idee nostre.
    (sirenetta 1 e sirenetta 2)

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  7. "L’opinione è, o dovrebbe essere pensiero critico: ossia pensiero frutto di un intelletto che studia, analizza, confronta ed elabora, finalmente, una propria opinione.
    Spesso assistiamo invece al verificare della credibilità di un’opinione in base alla crescita di consenso in suo favore.
    La maggioranza sente-crede in un certo modo, dunque quel sentire-credere è accreditabile e condivisibile."
    spesso un' opinione viene presa in considerazione non in base al ragionamento che la supporta, ma in base al numero di persone che vi aderiscono.
    un' opinione va valutata in base alla qualità e non in base alla quantità....
    un' opinione valida, per essere diffusa, non ha bisogno di spettacoli da circo, ma solo di persone intelligenti in grado di diffonderla con l'esempio.
    (Tenera e Bree Tanner)

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  8. @ cari "il difensore e l'attaccante" quel tipo di carica è quello da preferire, no?
    Condivido e sottoscrivo la vostra frase: "Per noi la cultura critica è il pensare con la nostra testa e saper dire più no che sì.
    Questo blog che ci dà voce è un modo per educarci alla cultura critica."
    Sono felice per voi e per questo spazio che vedo come qualcosa che sta tra un cerchio magico e un girotondo di abbracci pensanti.

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  9. @ Tenera e Bree Tanner: il messaggio è forte e chiaro; le teste pensanti ragionano meglio delle teste omologate, non c'è dubbio.
    Lo snobismo equino abita altrove. Ma noi dobbiamo imparare a riconoscerlo sempre.
    Bellissima questa missione!
    :-)

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  10. @sirenetta 1 e sirenetta 2:
    Se accade senza che ce accorgiamo allora è vero che "non abbiamo idee nostre", ma dal momento che ce ne accorgiamo possiamo usare l'attenzione, ribattere e reagire;insomma passiamo all'attacco e alla creatività personale.
    Un bel passo avanti.

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  11. Certamente non vi sarà sfuggita l'immagine celebrativa di Napoleone; infuria la battaglia ma l'Imperatore, mantello al vento, indica una meta alta puntando braccio e dita lassù verso il cielo: nel frattempo il cavallo s'impenna (chissà che strizzata di speroni si era preso...) ma sembra guardare in alto anche lui: cosa vedrà lassù? I suoi sogni e ciò di cui avrebbe bisogno? Oppure la sua forza e la sua intelligenza equine sono funzionali colui che in quel momento è uno (s)folgorante Napoleone?
    Oppure altro ancora?

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  12. Complessa la tematica qui posta alla nostra attenzione. Un pezzo alla volta.
    "Spesso assistiamo invece al verificare della credibilità di un’opinione in base alla crescita di consenso in suo favore"
    Tra gli umani la "credibilità" di un'opinione coincide con la condivisione di un significato. Considerato che non esitono "verità" non vedo altra strada, per poter interagire tra umani, che convergere su una posizione co-costruita, con-divisa. Quindi nulla di strano che le persone trovino modalità per essere d'accordo su qualcosa. Che, poi, ci sia uno che decide su cosa si debba convergere e tanti altri che su questo convergono ... è la rinuncia al pensiero riflessivo, critico, argomentativo. Quindi, il "comune sentire" può essere prodotto in forma "sana" e in forma "malata"

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  13. @Gianni sono d'accordo, direi anche che è importante il lavoro della scuola in questa direzione: i nostri ragazzi stanno crescendo in un'epoca in cui gli strumenti di persuasione che vengono usati per indurre "su cosa si debba convergere" come tu bene dici, si moltiplicano e diventano sempre più furbi: spesso puntano anche sul naturale desiderio di apparire belli e forti e, di conseguenza, apprezzabili
    Sappiamo che gli strumenti di persuasione ci sono sempre stati.
    Ho usato la metafora del "cavaliere" che cavalca e determina il comportamento del suo "cavallo" (eques vs equus) proprio perchè il cavallo è un animale che appare nobile e generoso, elegante e potente (forse lo è... questo non sta a me deciderlo) ma è comunque strumento, bello da vedere, anche se rimane strumento.
    Il "comune sentire sano" ha bisogno di teste pensanti attive, riflessive e consapevoli alle quali un bravo insegnante sappia suonare la carica verso la ricerca costante, verso la costruzione quotidiana di "una cultura critica" che possa essere condivisa in modo sano.
    Sono convinta che un cambiamento può iniziare insegnando ai giovanissimi a costruire.
    :-)

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  14. Non sempre si riflette sul cambiamento paradigmatico che vede l’estetica del consumo prevalere sull’etica del lavoro, Non sempre si procede tenendo conto che la società tende al bisogno di immediato soddisfacimento dei bisogni più che al ritardo della gratificazione, che l’interesse individuale prevale sull’interesse collettivo…
    L’homo consumens vive, o si lascia vivere, in una società in cui la scarsa attitudine alla responsabilità collegiale e la tendenza al formalismo regolativo producono sistemi che si orientano più verso il rispetto delle regole che verso la concreta riflessione sul soggetto che tende a diventare oggetto, sui totem che sono segni di appartenenza ma non di identificazione culturale.
    Quanto si riflette su questa condizione del vivere postmoderno? Quanto è conosciuta la dimensione dell’estetismo in cui vivono le nuove generazioni? Quante volte ci interroghiamo sulle modalità con cui l’estetismo viene vissuto, o subito, dai nostri ragazzi?
    Intorno a me vedo soprattutto soggetti che si fanno oggetti estetici, ragazzi che guardano il mondo secondo logiche manichee, dividendolo in categorie semplici e contrapposte: da una parte il bello, da una parte il brutto, da una parte il bene, dall’altra il male. Un sentire “di pancia”, un sentire che si riduce alle sensazioni piacevoli o non piacevoli, un sentire dettato soprattutto dalla pubblicità, un sentire dettatto da logiche di mercato, un sentire legato alla customer satsfaction.
    E alla customer satisfaction non si sottrae nemmeno l’insegnante, nemmeno la sua lezioni… tutto è interpretato in chiave estetica….

    Far parlare i ragazzi, sapendo di cosa parlano e come pensano, è fondamentale…

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