giovedì 23 dicembre 2010
TEMPO DI LAVORO E TEMPO DI LIBERTA'
I ragazzi, alla luce delle testimonianze dei genitori e degli adulti, si interrogano su cosa si può fare per avere più tempo libero e sfuggire alla routine del lavoro che in alcuni casi rende gli uomini simili a macchine senza cuore e senza cervello.
Nel post “Genitori a scuola n.8”, abbiamo scritto che “tutti i lavori sono diversi ma diventano uguali quando vengono considerati come una cosa scontata. Tutti lavorano: regola di vita”. Con questa affermazione intendevamo dire che da sempre l’uomo è impegnato in attività produttive diverse che hanno in comune la routine quotidiana.
In “Granelli vs Automatici meccanismi”, M. Peterlin afferma che vi è “ Un meccanismo compulsivo: sveglia –colazione - corsa a scuola (dal nido in poi) - pranzo in qualche modo – pomeriggi organizzati – palestre e sport per ogni età – cure del corpo (da quelle mediche a quelle estetiche) – supermarket – recupero figli – cena – crollo tv. E l’indomani si ricomincia.” Anche il lavoro non sfugge a questo meccanismo automatico perché tutti, o quasi tutti, sono talmente presi dal lavoro da esserne diventati completamente dipendenti.
Di conseguenza non c’è mai tempo a disposizione da dedicare ai rapporti umani e al tempo libero. Basti pensare che, in questo mondo concentrato sul lavoro, il maggiore motivo di tristezza dei bambini dipende dalla mancata presenza dei genitori che spesso vengono sostituiti da babysitter o lontani parenti. In questo modo i bambini non hanno un punto di riferimento fisso da imitare e si sentono disorientati.
Perché si lavora così tanto? Perché, nonostante il progresso, l’uomo sembra essere ancora schiavo del lavoro? Nel film “Tempi moderni” Charlie Chaplin, operaio presso una catena di montaggio, viene sottoposto ad un esperimento. Per non interrompere il ciclo produttivo, una macchina lo imbocca e la cosa, naturalmente, finisce male. In quel caso l’uomo era totalmente schiavo della macchina e della catena di montaggio. Nel post intitolato “La tecnologia a servizio dell’uomo”, il dr. House afferma che “bisogna aiutare i ragazzi, ossia i professionisti del domani, a rendere la tecnologia veramente a servizio dell’uomo”.
Se la tecnologia sarà veramente a servizio dell’uomo, se l’uomo cioè saprà utilizzarla meglio, sarà possibile avere più tempo libero da dedicare ai rapporti umani? Noi speriamo di sì.
Tutta la III E
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Parlo sempre volentieri con tutti i Pinocchi, anche quando il discorso si fa difficile.
RispondiEliminaCari Pinocchi voi andate al sodo e chiedete "Se la tecnologia sarà veramente a servizio dell’uomo, se l’uomo cioè saprà utilizzarla meglio, sarà possibile avere più tempo libero da dedicare ai rapporti umani? Noi speriamo di sì."
Temo che la mia risposta, per quel che vale poiché io stessa sono immersa nei dubbi come forse voi, non possa essere un sì o un no.
Ma proviamo.
Formulo una ipotesi: secondo me la tecnologia non è la soluzione immediata alla domanda "Perché si lavora così tanto?".
Vediamo un esempio. Certamente vi sarà capitato di vedere qualche foto di quelle mamme africane (triste il terzo mondo vero?) curvata a raccogliere qualche magro frutto della terra e con un lattante dagli occhi spalancati stretto al seno o legato sulla schiena da una fascia di stoffa logora.
Ebbene quella mamma è vicinissima al suo bimbo, ma non può giocare con lui, probabilmente gli parla, ma quel modo di stare vicino, di trascorrere tempo con lui non è quello che stiamo cercando, non è vero?
E immaginiamo che quella savana arida per merito della tecnologia, delle macchine e dell'evoluzione industriale diventi un'immensa e meravigliosa distesa di grano, o di mais ecc.
Chi se ne avvantaggerebbe? Chi investe tanto danaro in tecnologie vuole ricavarne ancora di più e non dividerlo.
Questo è un discorso un po' lungo, spero di riuscire a spiegarmi senza annoiare.
Le tecnologie possono evolvere fino a sostituire l'uomo nel lavoro?
Poniamo che la risposta sia affermativa.
A questo punto ci sarebbe una produzione di beni (cibo, automobili, vestiti, elettrodomestici, medicine, abitazioni.. mettiamoci qualunque cosa) fatta da macchine perfette e sarebbe una produzione che copre tutti i bisogni e le necessità.
Ma allora siamo sicuri che verrebbero messe "al servizio dell'uomo?"
Le mie domande sarebbero le seguenti:
"A chi apparterrebbero le tecnologie?"
"Chi decide come usarle?"
"Chi decide come suddividere ciò che le macchine producono?"
Non voglio scrivere un romanzo di fantascienza, (anche perchè Asimov l'ha già scritto con il suo ciclo sui Robot).
Però, e concludo, la questione posta dal dott. House è fondamentale quando dice: “bisogna aiutare i ragazzi, ossia i professionisti del domani, a rendere la tecnologia veramente a servizio dell’uomo”.
E' un bel programma da portare avanti.
Se si molla il programma ci penseranno altri.
Forse ci hanno già pensato.
Per questo è bene tenere d'occhio la situazione.
:-)
Mariaserena, il dubbio ci sta tutto, ecco perché, come hai ben intuito, i ragazzi hanno usato il verbo "sperare" invece del verbo "credere". A proposito dell’uso delle tenologie, essi concordano sul fatto che non esiste una buona tecnologia o una cattiva tecnologia, ma che esiste un buon uso o un cattivo uso delle macchine. Io aggiungerei che esiste un connubio inscindibile tra tecnologia e sua applicazione in campo scientifico e che spesso è proprio il mezzo ad influenzare la ricerca in tutti i campi. Nulla di male se non fosse che in certi casi non si fa in tempo ad appropriarsi di una tecnologia che subito ne spuntano un’altra e un’altra ancora. La velocità con cui la tecnologia tende ad autoprodursi è nettamente superiore, per il momento, alla capacità dell’uomo di sapersi adattare con disinvoltura ai continui capovolgimenti di fronte.
RispondiEliminaAggiungo una riflessione su un altro aspetto. La tecnologia è immersa in una sorta di realismo magico che ne fa lo strumento risolutivo di qualunque tipo di problema. Nelle fiabe c’era un donatore che agiva nell’interesse dell’eroe che doveva superare delle prove. Nel caso del “donatore tecnologico” chi agisce a favore di chi? E ritorniamo al punto di partenza. Forse è il caso di parlare di rischio di una non equa distribuzione delle risorse e di gruppi umani che ne azzerano altri? O è meglio parlare di lobby con qualche esperto di troppo, più che di gruppi umani? Questione difficilissima per gli adulti, figuriamoci per i tredicenni. Ma io ripongo forti speranze nella nuova generazione…