Creare trame da trasformare in fiabe, filastrocche, pagine di diario, biografie, autobiografie, racconti di mostri e di troll. Storie da recitare e mimare. Storie da guardare. Storie che si sciolgono sul foglio. Storie di storie da leggere oltre le parole. Oltre la playstation.
Vorrei diventare il Signore dell’Oceano per poter esplorare i misteri del mare e delle strane creature dai tentacoli mostruosi. In mano vorrei avere un tridente per trasformare gli esseri umani in animali inabissati che ingoiano le navi facendole sparire.
Ad un certo punto mi trasformo in un uccello malvagio e con le ali divido le acque. Dal mio becco esce un vento gelido che trasforma il mare in una lastra di ghiaccio.
Da lontano vedo rompersi il ghiaccio e fuoriuscire centauri e creature con tre teste che infuocano tutto ciò che trovano davanti, trasformando l’inferno di ghiaccio in inferno di fuoco.
VITO15
martedì 29 novembre 2011
lunedì 28 novembre 2011
CHE BELLO!
La scuola in movimento
LE PRINCIPESSE E I CALCIATORI
Prima media.
Pensare a nuovi modi di essere e di fare. Interrogarsi su come poter cambiare. Sognare spazi e tempi diversi per l’apprendimento. Essere in grado di andare oltre ciò che si vede. Proporre.
Io la scuola la vorrei grande come una piazza e con più colore. Perché la nostra scuola ha bisogno di colore e di spazio. E vorrei anche che ci fossero più ore per imparare di più. E anche se le materie sono tante non fa niente se c’è spazio per divertirsi anche studiando.
Io la scuola la vorrei divisa a metà fra maschi e femmine. Vorrei che ci fosse questa divisione perché i maschi hanno un modo tutto diverso di fare rispetto alle femmine. E poi via i libri, via i quaderni. Noi abbiamo bisogno del cartaceo, è vero, ma anche del digitale. Perché con il cartaceo spendiamo tanti soldi e ci sono persone povere che non possono comprare materiale per la scuola. Sarebbe meglio il digitale perché i nostri genitori spenderebbero di meno e noi ci divertiremmo di più.
Questa è la scuola che sogno e vorrei che questo sogno si avverasse.
Emi
Pensare a nuovi modi di essere e di fare. Interrogarsi su come poter cambiare. Sognare spazi e tempi diversi per l’apprendimento. Essere in grado di andare oltre ciò che si vede. Proporre.
Io la scuola la vorrei grande come una piazza e con più colore. Perché la nostra scuola ha bisogno di colore e di spazio. E vorrei anche che ci fossero più ore per imparare di più. E anche se le materie sono tante non fa niente se c’è spazio per divertirsi anche studiando.
Io la scuola la vorrei divisa a metà fra maschi e femmine. Vorrei che ci fosse questa divisione perché i maschi hanno un modo tutto diverso di fare rispetto alle femmine. E poi via i libri, via i quaderni. Noi abbiamo bisogno del cartaceo, è vero, ma anche del digitale. Perché con il cartaceo spendiamo tanti soldi e ci sono persone povere che non possono comprare materiale per la scuola. Sarebbe meglio il digitale perché i nostri genitori spenderebbero di meno e noi ci divertiremmo di più.
Questa è la scuola che sogno e vorrei che questo sogno si avverasse.
Emi
venerdì 25 novembre 2011
STILE FREE
Alla classe viene assegnata un’attività da svolgere. Nessuna consegna in particolare se non quella di portare a termine il compito entro un tempo prestabilito. Alla cattedra un alunno descrive ciò che accade.
Un documento su cui riflettere tutti insieme, alunni ed insegnante, per trovare punti di forza e punti di debolezza della classe. Un invito a considerare punti di vista diversi. Un documento da cui partire per inventarsi spazi e tempi diversi per imparare.
Ci sono alcuni alunni che si concentrano molto e alcuni che parlano tra di loro approfittando del fatto che la professoressa non li guarda. Ci sono alcuni che si girano verso i compagni per ridere o per chiedere un consiglio su cosa scrivere.
C’è chi distrae il compagno mentre svolge l’attività.
C’è chi pensa a un’altra materia e non si concentra sulla cosa che sta facendo.
C’è chi parla in diagonale col compagno più stretto.
Ci sono persone che fanno smorfie per distrarre i compagni.
Ci sono persone che tentano di suonare la diamonica senza permesso. C’è chi fa lo spiritoso suonando per finta.
C’è chi si sposta in continuazione.
Ci sono persone che confrontano i loro testi e correggono in base al testo del compagno di banco.
Soprattutto c’è chi parla ad alta voce.
Certo, ci sono persone che si impegnano ma queste persone forse non sanno che fanno un chiasso tremendo quando si scambiano le opinioni ad alta voce.
Ci sono persone che cercano di concentrarsi, ma con il caos non ci riescono.
Per fortuna, però, ci sono persone anche molto educate.
In una classe di 28 alunni le voci percepite dalla cattedra assomigliano ai cori che si sentono allo stadio o ad una partita di pallavolo.
Rasah Ed Nebectidis
Un documento su cui riflettere tutti insieme, alunni ed insegnante, per trovare punti di forza e punti di debolezza della classe. Un invito a considerare punti di vista diversi. Un documento da cui partire per inventarsi spazi e tempi diversi per imparare.
Ci sono alcuni alunni che si concentrano molto e alcuni che parlano tra di loro approfittando del fatto che la professoressa non li guarda. Ci sono alcuni che si girano verso i compagni per ridere o per chiedere un consiglio su cosa scrivere.
C’è chi distrae il compagno mentre svolge l’attività.
C’è chi pensa a un’altra materia e non si concentra sulla cosa che sta facendo.
C’è chi parla in diagonale col compagno più stretto.
Ci sono persone che fanno smorfie per distrarre i compagni.
Ci sono persone che tentano di suonare la diamonica senza permesso. C’è chi fa lo spiritoso suonando per finta.
C’è chi si sposta in continuazione.
Ci sono persone che confrontano i loro testi e correggono in base al testo del compagno di banco.
Soprattutto c’è chi parla ad alta voce.
Certo, ci sono persone che si impegnano ma queste persone forse non sanno che fanno un chiasso tremendo quando si scambiano le opinioni ad alta voce.
Ci sono persone che cercano di concentrarsi, ma con il caos non ci riescono.
Per fortuna, però, ci sono persone anche molto educate.
In una classe di 28 alunni le voci percepite dalla cattedra assomigliano ai cori che si sentono allo stadio o ad una partita di pallavolo.
Rasah Ed Nebectidis
lunedì 21 novembre 2011
PARLIAMO DI FACEBOOK
Le relazioni fuori e dentro la scuola. Dibattito in prima media.
Oggi in classe abbiamo parlato di Facebook, una piattaforma su cui si può creare un profilo personale e chattare con chi si vuole, basta accettare l’amicizia ed è tutto fatto.
Questo discorso ha avuto inizio quando la professoressa ci ha chiesto chi di noi usava Facebook. Molti hanno alzato la mano. Non c’è da meravigliarsi, ormai quasi tutti sono iscritti!
Dopo aver parlato un po’ di questo sito e dopo aver raccontato che alcuni di noi non possono più accedervi con la password, la professoressa ci ha chiesto perché sentivamo il bisogno di andare su Facebook per stare con gli amici se questi amici li incontravamo tutti i giorni a scuola.
Molti di noi hanno risposto che non è la stessa cosa, perché a scuola si va per studiare e non per giocare mentre su Facebook puoi giocare o parlare di altro. Alcuni invece hanno risposto che ci vanno per fare i compiti insieme o per chiedere informazioni su cosa bisogna fare.
Un’altra domanda che ci siamo posti è stata: perché stare su Facebook il pomeriggio, virtualmente con amici, quando invece si potrebbe andare di persona a giocare o uscire con loro? Dopotutto è così bello stare insieme! Quasi tutti hanno risposto hanno dato la stessa risposta: i nostri genitori non ci permettono di uscire perché i pericoli sono infiniti e con tutte le cose che accadono in questi giorni è meglio stare a casa su Facebook. Altri compagni invece hanno detto che non hanno voglia di uscire anche se ne hanno la possibilità.
Successivamente alcuni hanno riferito che gli sono capitate persone sconosciute che volevano l’amicizia mentre altri hanno detto di aver falsificato l’identità personale senza pensare al fatto che anche altre persone potevano fare la stessa cosa. Ma perché correre questi rischi e accettare amicizie di sconosciuti che magari stanno dicendo delle bugie sulla loro identità?
Forse nemmeno Facebook è così sicuro come sembra!
Kisy
Oggi in classe abbiamo parlato di Facebook, una piattaforma su cui si può creare un profilo personale e chattare con chi si vuole, basta accettare l’amicizia ed è tutto fatto.
Questo discorso ha avuto inizio quando la professoressa ci ha chiesto chi di noi usava Facebook. Molti hanno alzato la mano. Non c’è da meravigliarsi, ormai quasi tutti sono iscritti!
Dopo aver parlato un po’ di questo sito e dopo aver raccontato che alcuni di noi non possono più accedervi con la password, la professoressa ci ha chiesto perché sentivamo il bisogno di andare su Facebook per stare con gli amici se questi amici li incontravamo tutti i giorni a scuola.
Molti di noi hanno risposto che non è la stessa cosa, perché a scuola si va per studiare e non per giocare mentre su Facebook puoi giocare o parlare di altro. Alcuni invece hanno risposto che ci vanno per fare i compiti insieme o per chiedere informazioni su cosa bisogna fare.
Un’altra domanda che ci siamo posti è stata: perché stare su Facebook il pomeriggio, virtualmente con amici, quando invece si potrebbe andare di persona a giocare o uscire con loro? Dopotutto è così bello stare insieme! Quasi tutti hanno risposto hanno dato la stessa risposta: i nostri genitori non ci permettono di uscire perché i pericoli sono infiniti e con tutte le cose che accadono in questi giorni è meglio stare a casa su Facebook. Altri compagni invece hanno detto che non hanno voglia di uscire anche se ne hanno la possibilità.
Successivamente alcuni hanno riferito che gli sono capitate persone sconosciute che volevano l’amicizia mentre altri hanno detto di aver falsificato l’identità personale senza pensare al fatto che anche altre persone potevano fare la stessa cosa. Ma perché correre questi rischi e accettare amicizie di sconosciuti che magari stanno dicendo delle bugie sulla loro identità?
Forse nemmeno Facebook è così sicuro come sembra!
Kisy
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