giovedì 14 aprile 2011

PINOCCHIO, tra tenebre e paura, sceglie il cuore. - di Mariaserena Peterlin

- Le solite storie. Buona notte, Grillo.  
L’atmosfera notturna circonda Pinocchio che, a mezzanotte, esce alla ricerca del Campo dei miracoli dove dovrebbe realizzare quello che, in termini moderni, potremmo definire, un po’ alla buona, una vantaggiosa speculazione finanziaria.
Infatti Mangiafoco gli aveva regalato cinque zecchini d’oro da portare al suo babbo, ma il Gatto e la Volpe gli avevano fanno una proposta che Pinocchio non era riuscito a  rifiutare, gli avevano infatti detto:
“Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto,chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d’oro. Poi ricuopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno”
Perciò Pinocchio, dopo aver cenato all’Osteria del Gambero Rosso in compagnia dei due compari (chi gli scroccano la cena), ed essersi riposato qualche ora, si alza a mezzanotte e si avvia da solo al buio.
Ma si può dire che partisse a tastoni, perché fuori dell’osteria c’era un buio così buio, che non ci si vedeva da qui a lì. Nella campagna all’intorno non si sentiva alitare una foglia. S olamente alcuni uccellacci notturni, traversando la strada da una siepe all’altra, venivano a sbattere le ali sul naso di Pinocchio”.
C’è un’espressione abbastanza comune che dice “non si vede a un palmo di naso”; quello di Pinocchio è un naso più lungo del comune e Carlo Collodi non manca di ricordarcelo con l’immagine di quegli uccellacci che vi sbattono contro. Il lungo naso di legno è la sua nota caratteristica, è il segno della diversità originale: spericolata, sventata ma intraprendente. A volte anche troppo. Pinocchio ha tanto da imparare ancora e soprattutto non ha imparato ancora a riflettere, a usare i segnali che riceve per scegliere il comportamento più utile, Pinocchio, diremmo con un linguaggio corrente se la rischia.
Non bastando l’avvertimento del buio così buio, e degli uccellacci notturni all’ardimentoso Pinocchio giunge un altro segnale ben più emozionante, ma soprattutto più esplicito. Quale altro elemento può mancare alla classica atmosfera da triller che Collodi evoca con abile regia? La notte è oscura, i pipistrelli volano silenziosi: non poteva non esserci anche un fantasma.
Intanto, mentre camminava, vide sul tronco di un albero un piccolo animaletto che riluceva di una luce pallida e opaca, come un lumino da notte dentro una lampada di porcellana trasparente.
“– Chi sei? – gli domandò Pinocchio.
– Sono l’ombra del Grillo-parlante, – rispose l’animaletto, con una vocina fioca fioca, che pareva venisse dal mondo di là.
– Che vuoi da me? – disse il burattino.
– Voglio darti un consiglio. Ritorna indietro e porta i quattro zecchini, che ti sono rimasti, al tuo povero babbo che piange e si dispera per non averti più veduto.
– Domani il mio babbo sarà un gran signore, perché questi quattro zecchini diventeranno duemila.
– Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni! Dai retta a me, ritorna indietro.
– E io, invece, voglio andare avanti.
– L’ora è tarda!...
– Voglio andare avanti.
– La nottata è scura...
– Voglio andare avanti.
– La strada è pericolosa...
– Voglio andare avanti.
– Ricordati che i ragazzi che vogliono fare di loro capriccio e a modo loro, prima o poi se ne pentono.
– Le solite storie. Buona notte, Grillo.
– Buona notte, Pinocchio, e che il cielo ti salvi dalla guazza e dagli assassini!
Appena dette queste ultime parole, il Grillo-parlante si spense a un tratto, come si spenge un lume soffiandoci sopra, e la strada rimase più buia di prima.”
Pinocchio ha già preso la sua decisione, si sottrae agli assillanti consigli del Grillo Parlante e va incontro alle sue avventure:
“– Davvero, – disse fra sé il burattino rimettendosi in viaggio, – come siamo disgraziati noialtri poveri ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci danno consigli. A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri; tutti: anche i Grilli-parlanti.”
Non ha tutti i torti Pinocchio: un eccesso di ammonimenti e rimproveri produce l’effetto opposto, tutti sono pronti a dar consigli ai ragazzi. “…tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri.”
E con troppi galli a cantare, dice un proverbio, non si fa mai giorno. Pinocchio riconosce, dunque, che è giusto ascoltare i genitori e i maestri, ma non i Grilli-parlanti. Ma lui, in quel momento, è solo, ed oppresso dal senso di colpa di aver venduto l’Abbecedario per vedere lo spettacolo dei burattini.
Decide perciò che farà di testa sua o, diciamo meglio, segue il suo cuore che gli aveva fatto accettare la proposta del Gatto e la Volpe per realizzare un sogno:
“…voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d’oro e d’argento e coi bottoni di brillanti: e poi voglio comprare un Abbecedario per me..”

Un ragazzo con cuore d’oro, ancora indifeso, e che i Grilli parlanti non possono certo comprendere. 

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