sabato 26 gennaio 2013


Personalmente non riesco a trovare in me parole; associo il giorno della memoria all'inverno della pietà umana: l’immagine e il freddo  dell’inverno mi fanno pensare con terrore alle madri deportate coi bimbi ancora attaccati al seno, o ancora nella pancia, non nati. So che il dolore non fa distinzioni, ma una madre che subisce la violenza che colpisce i suoi nati mi sembra ci parli dentro, e che non si possa ignorare il suo urlo.
E ogni volta mi viene in mente l’inizio del libro di Levi, Se questo è un uomo, dove racconta la partenza del lungo viaggio in treno; quel fumo mi fa pensare subito al viaggio verso il camino della morte, i neonati schiacciati tra le altre creature, e quella bambina piccola, per la quale l’umanità del macchinista spilla dalla locomotiva un po’ d’acqua calda perché possa, dopo tante ore di viaggio, essere lavata; forse l’ultimo atto di tenerezza, dal mondo, per lei.
I simboli sono importanti.
No, non riesco a trovare nulla di abbastanza giusto da dire per quello che è successo mentre non solo la ragione dormiva, ma soprattutto il cuore dell’uomo.
Ne scrivo però dire e per chiedere che i giovani sappiano, conoscano, siano educati a vivere da uomini e donne, non da belve, e perché la storia continui a dire la verità.


giovedì 17 maggio 2012

APPRENDERE - LA FACCIA NASCOSTA DELLA LUNA


Apprendere. Osservazione in classe. Un docente esterno assiste ad una lezione. Appunti dal diario di bordo.

La sensazione è che i ragazzi non sono degli uditori. I ragazzi si sentono calcolati come persone in un processo di reciproco insegnamento/apprendimento. C’è un clima di grande serenità, di allegria. L’insegnante pone delle domande aperte, non retoriche. L’insegnante, quando fa delle domande, non si aspetta di ricevere soltanto le risposte che già conosce. L’insegnante non dà risposte. Ad una domanda risponde con un’altra domanda. Il contenuto è un solo punto di partenza, uno strumento, un pretesto, a cui agganciare il valore aggiunto della riflessione personale e comunitaria. Non è solo il libro a dare le risposte, ma anche e soprattutto il confronto da cui tutti imparano.
Rappresentare un concetto attraverso mappe, disegni, scritture, software, web, LIM, per esprimere il significato simbolico, stimola tutti gli alunni ad apprendere. Modificare e integrare il materiale prodotto dai compagni, stimola i ragazzi a fare squadra, a lavorare gli uni per gli altri. Non si procede con metodo trasmissivo. Docente ed alunni convergono sulla ricerca e, qualunque metodo si usi, i ragazzi sono sempre protagonisti dell’apprendimento.
La società dell’ingoiare senza masticare impone una velocità che mal si coniuga con l’assaporare ogni fase del processo di apprendimento. Nella classe si procede con lentezza, affinchè possano essere colti gli input, le suggestioni che sono l’espressione del libero e vero scambio di idee.
Le cose che vengono fuori spontaneamente non sono reputate degli ostacoli, delle pietre d’inciampo. Non si deve finire di spiegare a tutti i costi, i contributi “d’inciampo” sono visti come delle occasioni irrinunciabili per andare oltre. Si inventano soluzioni sempre nuove, collegamenti a cui nessuno aveva pensato prima e che fanno parte della storia della classe. Soluzioni e collegamenti che vengono progressivamente integrati con apporti sempre nuovi. Il programma non diventa un imperativo categorico. Il contenuto non è il fine, ma il mezzo per innescare un processo.
Partendo da un argomento di interesse comune, anche non canonico, anche fuori dal contesto-programma, ognuno cerca il modo di far proprio quel contenuto. E’ in questo tentativo di appropriarsi di qualcosa, che c’è l’apprendimento. E questo vale anche per il docente.


 Apprendere. I genitori si confrontano. Appunti dal circle time.

Da cosa capisco che mio figlio/a ha imparato?
Quando i ragazzi tornano a casa sono in grado di spiegare quanto hanno appreso, di raccontare le fasi del lavoro svolto in classe, di fare riferimento ai metodi usati.
Quando, a casa, i ragazzi, lavorando in modo autonomo, dimostrano di saper utilizzare quanto hanno appreso in classe.
Quando, a casa, i ragazzi partecipano alle discussioni e mostrano di avere una visione personale delle cose. Quando i ragazzi, spontaneamente, dicono ai genitori: Ma tu lo sapevi che … L’hai studiato? … Te lo ricordi?

Perché i ragazzi imparano?
I ragazzi amano la materia perché amano l’insegnante.
Bisogna infondere l’amore per la materia, non la materia.
È necessario infondere la passione. Bisogna avere passione per vivere.
I ragazzi non imparano se avvertono la noia dell’insegnante.

La scuola ideale
La scuola ideale, per me, dovrebbe sviluppare il sentimento critico verso le cose, critico inteso come capacità di analisi e discernimento. La scuola ideale dovrebbe aprire la mente e non ingabbiarla.
Alcune volte i genitori si fissano sul programma, sono perfezionisti, ma i contenuti non servono a niente se i ragazzi non sanno andare oltre.
L’insegnante che conosce il suo mestiere, sa cosa è importante, quali materiali usare, ha idea del tipo di mondo che i ragazzi incontreranno e li prepara ad affrontarlo.
Nella scuola ideale i ragazzi non sono degli automi disumani, ma sono delle persone che sanno scegliere. Ogni ragazzo dovrebbe crescere essendo se stesso.