venerdì 29 aprile 2011

Royal Wedding, ma senza smettere di essere teste pensanti . di Mariaserena

Nail Art tutorial per il Royal Wedding: ed è subito shopping


La scena mediatica ha fatto il tutto esaurito e c’è da credere, oggi, ben pochi si accorgerebbero di avvenimenti diversi da quello dell’imminente Royal Wedding (Matrimonio Reale del Principe William e Catherine Middleton). L’evento matrimonio regale potrebbe avere un carattere ricreativo e puramente spettacolare e servire a distoglierci, per lo spazio di un giorno, da eventuali pensieri malinconici, ansie o preoccupazioni (chi non ne ha). Abbiamo tutti bisogno di svago e ben venga. Ma non c’è solo questo.
Che i messaggi mediatici siano spesso negativi, se non nocivi, non me ce lo stiamo inventando in questa leggera occasione. 
La sconcertante sovrabbondanza di melassa trasmessa dai media è un esempio che potrebbe valere per tutti; infatti anche se ci spostiamo nell’ambito dei programmi per ragazzi o, peggio, delle fiction, degli eventi sportivi, delle news o della stessa pubblicità cosa ci rimane di credibile e di condivisibile per non dire di istruttivo o educativo?

E' vero, non ci si può sempre prendere sul serio, ma l'alternativa alla riflessione pensosa e critica è necessariamente il gossip che, cosa non trascurabile, genera consumo?
La verità è che se chi ha il potere di scegliere i palinsesti, e il loro contenuto, ritiene che il pubblico si appassioni agli argomenti che ci ammannisce un motivo, ci sarà. 
E il motivo principale è, amara verità, che siamo in troppo pochi a spegnere o a usare diversamente il televisore. 
Intendiamoci: osservare è corretto e a volte necessario.
Assistere, eventualmente e con leggerezza, al royal wedding e commentare con filo di ironia l’evento può essere oggetto di evasione e d intrattenimento. 
Ma digerire tutto passivamente e fare zapping anestetico, ossia subendo e senza esercitare l’intelletto, tra bombe o non bombe (e mi riferisco ovviamente ad una vecchia canzone di Antonello Venditti, ascoltatelo per favore :-) e non solo) mi sembra discutibile. 
Le nostre reazioni a qualcosa che ci colpisce: una notizia, un accadimento, un incontro, uno spettacolo sono, necessariamente, anche emotive. E le emozioni sono belle. Ma chiediamoci sempre se qualcuno sta indirizzandole o influenzandole. Potrebbe essere un condizionamento sottile che ci ruba qualcosa di nostro. Il pensiero e le emozioni devono, invece, essere solo nostri. Al contrario il coinvolgimento pilotato può farci fare scelte analoghe a quelle che fa il toro di fronte alla rossa muleta del toreador, oppure innescare reazioni automatiche poco razionali come quelle del cagnolino da pagliaio, volenteroso ma velleitario, descritte in questo bozzetto rustico di Giovanni Pascoli. Ma noi, come suggerisce sommessamente il poeta, siamo umani.

Il cane 
(Myricae – L’ultima passeggiata, XIII)

Noi mentre il mondo va per la sua strada,
noi ci rodiamo, e in cuor doppio è l'affanno,
e perché vada, e perché lento vada.
Tal, quando passa il grave carro avanti
del casolare, che il rozzon normanno
stampa il suolo con zoccoli sonanti,
sbuca il can dalla fratta, come il vento;
lo precorre, rincorre; uggiola, abbaia.
Il carro è dilungato lento lento.
Il cane torna sternutando all'aia.

giovedì 14 aprile 2011

PINOCCHIO, tra tenebre e paura, sceglie il cuore. - di Mariaserena Peterlin

- Le solite storie. Buona notte, Grillo.  
L’atmosfera notturna circonda Pinocchio che, a mezzanotte, esce alla ricerca del Campo dei miracoli dove dovrebbe realizzare quello che, in termini moderni, potremmo definire, un po’ alla buona, una vantaggiosa speculazione finanziaria.
Infatti Mangiafoco gli aveva regalato cinque zecchini d’oro da portare al suo babbo, ma il Gatto e la Volpe gli avevano fanno una proposta che Pinocchio non era riuscito a  rifiutare, gli avevano infatti detto:
“Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto,chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d’oro. Poi ricuopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno”
Perciò Pinocchio, dopo aver cenato all’Osteria del Gambero Rosso in compagnia dei due compari (chi gli scroccano la cena), ed essersi riposato qualche ora, si alza a mezzanotte e si avvia da solo al buio.
Ma si può dire che partisse a tastoni, perché fuori dell’osteria c’era un buio così buio, che non ci si vedeva da qui a lì. Nella campagna all’intorno non si sentiva alitare una foglia. S olamente alcuni uccellacci notturni, traversando la strada da una siepe all’altra, venivano a sbattere le ali sul naso di Pinocchio”.
C’è un’espressione abbastanza comune che dice “non si vede a un palmo di naso”; quello di Pinocchio è un naso più lungo del comune e Carlo Collodi non manca di ricordarcelo con l’immagine di quegli uccellacci che vi sbattono contro. Il lungo naso di legno è la sua nota caratteristica, è il segno della diversità originale: spericolata, sventata ma intraprendente. A volte anche troppo. Pinocchio ha tanto da imparare ancora e soprattutto non ha imparato ancora a riflettere, a usare i segnali che riceve per scegliere il comportamento più utile, Pinocchio, diremmo con un linguaggio corrente se la rischia.
Non bastando l’avvertimento del buio così buio, e degli uccellacci notturni all’ardimentoso Pinocchio giunge un altro segnale ben più emozionante, ma soprattutto più esplicito. Quale altro elemento può mancare alla classica atmosfera da triller che Collodi evoca con abile regia? La notte è oscura, i pipistrelli volano silenziosi: non poteva non esserci anche un fantasma.
Intanto, mentre camminava, vide sul tronco di un albero un piccolo animaletto che riluceva di una luce pallida e opaca, come un lumino da notte dentro una lampada di porcellana trasparente.
“– Chi sei? – gli domandò Pinocchio.
– Sono l’ombra del Grillo-parlante, – rispose l’animaletto, con una vocina fioca fioca, che pareva venisse dal mondo di là.
– Che vuoi da me? – disse il burattino.
– Voglio darti un consiglio. Ritorna indietro e porta i quattro zecchini, che ti sono rimasti, al tuo povero babbo che piange e si dispera per non averti più veduto.
– Domani il mio babbo sarà un gran signore, perché questi quattro zecchini diventeranno duemila.
– Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni! Dai retta a me, ritorna indietro.
– E io, invece, voglio andare avanti.
– L’ora è tarda!...
– Voglio andare avanti.
– La nottata è scura...
– Voglio andare avanti.
– La strada è pericolosa...
– Voglio andare avanti.
– Ricordati che i ragazzi che vogliono fare di loro capriccio e a modo loro, prima o poi se ne pentono.
– Le solite storie. Buona notte, Grillo.
– Buona notte, Pinocchio, e che il cielo ti salvi dalla guazza e dagli assassini!
Appena dette queste ultime parole, il Grillo-parlante si spense a un tratto, come si spenge un lume soffiandoci sopra, e la strada rimase più buia di prima.”
Pinocchio ha già preso la sua decisione, si sottrae agli assillanti consigli del Grillo Parlante e va incontro alle sue avventure:
“– Davvero, – disse fra sé il burattino rimettendosi in viaggio, – come siamo disgraziati noialtri poveri ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci danno consigli. A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri; tutti: anche i Grilli-parlanti.”
Non ha tutti i torti Pinocchio: un eccesso di ammonimenti e rimproveri produce l’effetto opposto, tutti sono pronti a dar consigli ai ragazzi. “…tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri.”
E con troppi galli a cantare, dice un proverbio, non si fa mai giorno. Pinocchio riconosce, dunque, che è giusto ascoltare i genitori e i maestri, ma non i Grilli-parlanti. Ma lui, in quel momento, è solo, ed oppresso dal senso di colpa di aver venduto l’Abbecedario per vedere lo spettacolo dei burattini.
Decide perciò che farà di testa sua o, diciamo meglio, segue il suo cuore che gli aveva fatto accettare la proposta del Gatto e la Volpe per realizzare un sogno:
“…voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d’oro e d’argento e coi bottoni di brillanti: e poi voglio comprare un Abbecedario per me..”

Un ragazzo con cuore d’oro, ancora indifeso, e che i Grilli parlanti non possono certo comprendere. 

giovedì 7 aprile 2011

Scuola e Famiglia vs i Ragazzi

Considerare e discutere la possibilità di un nuovo paradigma comunicativo tra Famiglia e Scuola. Ri-cercare un inter-esse comune che abbia come obiettivo il ben-essere dei Figli – Alunni.  
Due genitori scrivono della necessità di tessere nuove alleanze educative. Un contributo davvero importante che pone l’accento sul bisogno di costituire “un circolo virtuoso”  ispirato alla condivisione di un percorso formativo fondato sul confronto e sulla collaborazione.

Studiare, scuola d'inglese, studiare, palestra, studiare, scuola d'inglese, studiare, palestra, studiare,catechismo, studiare.
Questi, sono i frenetici pomeriggi di una settimana tipo. A volte ci sembra di usare i nostri figli come macchine e forse pretendiamo che i loro tempi siano al passo con i nostri, molto spesso frenetici. Ciò che guida il pensiero di un genitore è cercare di dare il meglio ai propri figli, di far scelte per loro o di indurli a farne altre solo per il loro benessere psico-fisico; ma siamo veramente certi di soddisfare i veri bisogni dei nostri figli? o ci guida piuttosto, il pensiero di evitare ai nostri figli le sofferenze o conseguenze di loro possibili scelte sbagliate?
Ma fanno realmente quello che vorrebbero? Sono stanchi? Hanno qualche paura? Ci approcciamo a loro come persone o come nostra estensione? Ci siamo mai chiesti quali siano le loro aspettative e cosa pensano di se stessi? Hanno la possibilità di crearsi degli spazi dove stare “soli con se stessi” e ascoltare i propri pensieri, i propri desideri, dove poter sognare, poter volare con la fantasia?
Non esiste purtroppo una ricetta per renderli capaci di difendere se stessi, che li porti a distinguere ciò che è bene da ciò che è male, che insegni loro il rispetto e l’amore per se stessi e quindi per gli altri. In questo lento e lungo percorso di crescita, noi genitori siamo a volte soli, maldestri perché non c’è nessun manuale d‘istruzione ad aiutarci, distratti o a volte poco umili  per chiedere aiuto. Occorrerebbe instaurare sin dalla scuola d'Infanzia un rapporto "calibrato", plasmato sui piccoli, conoscendone la personalità e stimolandone le capacità ed interessi. Ogni ragazzo porta con se una propria personalità considerata molto spesso un aspetto marginale. Servirebbe una maggiore attenzione verso gli alunni intesi come persone e non come vasi riempitivi. Aiutare a formare il loro contenitore più solido possibile, per raccogliere via via tutte le loro esperienze conoscitive, il loro percorso cognitivo. Anche circoscrivere il più possibile attività di laboratorio e sperimentazione pratica, nell'ambito scolastico, garantirebbe un'opportunità paritetica a ciascuno dei ragazzi .
 Potrebbe essere utile una formazione più mirata dei docenti e che sia al passo coi tempi?
La scuola,quindi, deve essere intesa come luogo dove imparare ed acquisire gli strumenti più utili per agevolare l'apprendimento individuale. E’ quindi auspicabile uno scambio di esperienze ed informazioni famiglia-scuola non con rimpallo, come spesso avviene, di responsabilità ma come creazione di un circolo virtuoso che abbiano come scopo unico il raggiungimento di un obiettivo comune: generazioni sane, di sani valori, positive, propositive, creative. 
mary61
bobby71

martedì 5 aprile 2011

Passare da A a B...


Passare da A a B. Le ragioni di un cambiamento in cui autostima e motivazione hanno giocato un ruolo fondamentale.

Arrivata a questo punto posso dire che per me la scuola è stata l’occasione che mi ha fatto passare da A a B…. Alcuni ragazzi hanno un’idea negativa della scuola, la considerano un carcere in cui spesso ti costringono a fare sempre cose noiose o, peggio, un luogo dove non si impara proprio niente.
All’inizio anche io la pensavo così ma poi mi sono convinta del contrario.
Volevo passare da A a B e ci sono riuscita, sentivo di dover fare qualcosa per me stessa e l’ho fatto.
Se mi chiedessero qual è il metodo migliore per riuscire a fare un passo in avanti, io non risponderei con la solita ricetta. Non direi mai che ci si deve ammazzare di studio per raggiungere l’obiettivo, direi invece che la serenità nella scuola va di pari passo con quella che vivi nella tua famiglia e nella tua vita privata. Se sei triste sei automaticamente senza carica, se sei felice hai voglia di scavalcare le montagne.
Il metodo migliore per passare da A a B? Prima di tutto la convinzione di poter superare se stessi, poi la felicità, la serenità, la speranza.
Sirenetta 2